Voglio parlare di questo caso che ha scosso gli animi di migliaia di persone, l’aereo caduto il 24 marzo scorso sulle alpi Francesi, l’Airbus A320 della Germanwings, caduto per volontà dell’omicoda suicida Andreas Lubitz. Il caso mi ha particolarmente scosso, sia perché adoro volare, e il pensiero che un folle disgraziato possa causare la morte mia e della mia famiglia mi sconvolge, sia perché è stato chiamato in causa il problema della depressione, che ovviamente mi interessa per via del sito che gestisco. Ho quindi deciso di fare ricerche sul caso per fare luce sulle tante dichiarazioni che ho sentito in merito.
Andreas Lubitz: no depressione, no burn-out
Tra tutti gli interventi credo che il più chiarificante sia quello di Emilio Sacchetti, ordinario di Psichiatria all’università di Brescia e presidente della Società Italiana di Psichiatria. Lui aveva spiegato chiaramente il misfatto, e il quadro generale degli eventi sembra confermare la sua ipotesi. In un intervista al Corriere, Sacchetti aveva dichiarato che quella di Andreas Lubitz non era ne depressione ne burnout, ma un episodio di lucida follia. Perché?
Perchè il burnout di sviluppa in 3 modi: esaurimento, inefficacia e cinismo. Lubitz non si sentiva evidentemente inefficace in quanto aveva addirittura stracciato il certificato medico che lo metteva in pausa lavoro per malattia. Sacchetti dichiara molto improbabile la possibilità che il burnout possa condurre a un suicidio-omicidio. Normalmente infatti i casi del genere si presentano in un contesto salvifico-delirante in cui, ad esempio, una donna uccide i propri figli e se stessa perché ritiene di salvarli da un mondo in rovina. Difficilmente è questo il caso di questo individuo senza scrupoli, che nella sua morte ha portato con sé 150 persone senza colpa.
Sacchetti ha anche dichiarato che in letteratura psichiatrica non c’è un solo caso di soggetto burn-out omicida. È difficile anche parlare di depressione perché questa malattia non spinge ad atti tanto tragici verso persone estranee. Ce la si prende semmai con persone vicin, come familiari o amici. Sacchetti dichiara anche che in base alla sua opinione si arriverà presto a scoprire che il pilota non era neanche un soggetto malato mentale. La sua è una situazione di narcisismo maligno, una personalità esasperata che si vendica in maniera malvagia perché non vede soddisfatte le proprie aspettative.
Il Narcisismo
Ma chi è un narcisista? Può indicare sia un problema sociale che culturale o mentale. Normalmente è sinonimo di presunzione, vanità ed egoismo malsano. Gli individui di questo tipo sono privi di empatia, molto tendenti alla vergogna più che al senso di colpa, agiscono in maniera altezzosa, si sentono più importanti di ciò che sono, si vantano, hanno problemi nel mantenere relazioni soddisfacenti e scambi interpersonali. Questa è la descrizione data dall’enciclopedia Wikipedia. Leggendola mi sembra quasi di vedere il ritratto di questo personaggio che, più che narcisista, io definisco malvagio e senza scrupoli. So benissimo che in psichiatria non viene ammessa l’idea della malvagità. Ma dal mio modesto parere Lubitz è un mostro, una persona orribile, abietta, un terrorista, un essere privo di umanità e di qualsivoglia pietà. Mi ricorda altri casi di bulli malvagi come quelli responsabili del massacro della Columbine High School, che dopo aver sparato a decine di persone si tolgono la vita.
Individui di questo calibro sono secondo me il più marcio prodotto di questa società malata, una società in cui i rapporti si fondano sulla fretta e sulla superficialità, come dice lo psichiatra Corrado De Rosa (autore di “La Mente Nera” e “I medici della camorra”). Questa affermazione alza il sipario su un’altra domanda: Possibile che nessuno si sia reso conto dello stato mentale di questa persona deviata? La sua ex ragazza, che lo lasciò proprio perché aveva visto in lui delle anomalie, non poteva fare qualcosa per aiutarlo? Lei stessa riconosce che Lubitz non parlava della sua malattia. Non era forse il caso di cercare di farlo aprire, o comunque di capire in minima parte quello che gli passava per la testa?
Stessa cosa dicasi per i genitori, a cui non imputo assolutamente la colpa di ciò che è successo, ma non posso fare a meno di chiedermi dove erano quando nella mente di questo personaggio si annidavano simili mostri di odio, vendetta e rabbia. Possibile che nessuno ne vedesse i segni? Ma cosa facciamo? Ma dormiamo tutti così profondamente da non riuscire a capire chi abbiamo davanti? Sì perché quella di Lubitz era una rabbia covata da tempo, dato che nel suo stesso tablet si è scoperto che Lubitz aveva premeditato sia la sua morte che quella di chi viaggiava con lui in aereo in quanto aveva cercato su Internet le parole suicidio e bloccaggio porte.
Vogliamo parlare poi della responsabilità dei dottori che stavano curando Lubitz? Davvero era tanto imprevedibile quello che avrebbe fatto? Lo psichiatra Corrado De Rosa ritiene che anche se il soggetto era in cura e si era sottoposto ai test diagnostici, questi non sono radiografie, e se il soggetto fingeva di stare bene, diventava ancora più difficile curarlo. È vero che non tutti i disturbi si possono curare, come del resto in tutto il campo medico, certo è comunque che se il disturbo fosse stato curato dovutamente, tutto il resto non sarebbe successo.
Deviati sociali, non depressi
Ho trovato anche particolarmente interessante l’intervento su ilpost.it della Psichiatra Anne Skomorowsky, dottoressa del reparto psichiatrico del New York-Presbyterian Hospital (info su Slate.com). La dottoressa dichiara in base alla sua esperienza medica che moltissimi suoi pazienti più che avere problemi depressivi, che peraltro vengono secondo lei sovradiagnosticati, hanno veri e propri comportamenti antisociali. Sono individui pieni di rabbia, disperazione ed egocentrismo, persone che credono che a loro tutto sia dovuto. I trattamenti per la depressione non funzionano su persone che in realtà non sono depresse ma che hanno semplicemente problemi sociali. Per questo Anne Skomorowsky sostiene che definire le azioni di Lubitz come suicide è fuorviante, perché lui non è morto nella tranquillità della sua casa come farebbe un depresso qualunque, ma ha perfidamente progettato un incidente aereo con 150 persone. La dottoressa conclude dicendo che l’infelicità non è per forza una condizione medica.
Mostri si diventa
Tutto questo, per quanto sia tragico, è dal mio punto di vista anche consolatorio. Sì perché ci fa capire che i depressi non sono dei mostri capaci a priori di simili malvagità. In questo caso il problema non è la depressione, ma i sentimenti negativi, deprecabili e meschini, che anche una mente non depressa può coltivare, fino al punto che i nostri pensieri diventano dei mostri capaci di guidarci fino all’omicidio e al pluriomicidio. Non si nasce malvagi, ma lo si diventa. Trovo importante far capire alle persone che hanno la responsabilità di ciò che mettono nella loro testa e del controllo che devono esercitare sulle loro emozioni e sui pensieri, soprattutto se negativi. Altro che medicine e psicofarmaci, ascoltiamo cosa ci passa per la testa, parliamone ad altri, e se non è sano, CAMBIAMO MUSICA!! La nostra testa è un giardino, non permettiamo che ci crescano erbacce!
Viviamo in una società dove ognuno ha diritto di manifestare ciò che è, e questo è sacrosanto. Ma bisogna forse anche imparare che non abbiamo diritto a odiare il nostro prossimo, che i nostri diritti finiscono dove iniziano quelli dell’altra persona, che non gira tutto attorno a noi. Lubitz aveva perso la testa perché riteneva di essere vittima di un’ingiustizia lavorativa, costretto a orari massacranti senza tutele né uno stipendio equo. Da qui all’arrivare a pensare che dovesse vendicarsi per l’ingiustizia di cui era vittima, il passo è stato breve.
Immagino i pensieri fuorvianti che attraversavano la mente di quell’individuo: “Devi farti giustizia da solo, il mondo fa schifo, è ingiusto, devi andare lì e fargliela pagare, tutti vedranno quanto vali, tutti ti ricorderanno perché dal tuo gesto uscirà qualcosa di grandioso, tutti si accorgeranno che dovevano darti retta prima, ma ormai è troppo tardi…” L’ex ragazza di Lubitz dichiara che dalla sua bocca uscivano frasi strane, del tipo che un giorno tutti l’avrebbero ricordato. Su questo Lubitz aveva ragione, perché viviamo in una società che è capace di rendere famosi anche i mostri più abietti!